Pagare per togliere una recensione negativa.

(Foto: amsfrank / Flickr CC)
(Foto: amsfrank / Flickr CC)
Ogni tanto ci si ricorda che intorno al mondo delle recensioni di TripAdvisor si muovono commerci piuttosto scivolosi. E riparte la polemica su una piattaforma aperta che, come tale e come tutte le altre e in fondo come ogni sistema sociale ancora prima che tecnologico, si presta a questo genere di usi scorretti.

Stavolta il tema non ruota tanto intorno al paradigmatico problema delle recensioni false quanto di quelle vere, ma negative, che alcune società attive in quel vischioso mondo fra comunicazione, consulenza e marketing online si propongono di gestire. Società di ottimizzazione, le ha eufemisticamente battezzate Steven Kaufer, deus ex machina del colosso dei giudizi. Come ha testimoniato ieri un pezzo sul Corriere della Sera, però, sono spesso i diretti proprietari o i gestori ad attivarsi, arrivando a offrire cifre significative (nel caso raccontato da Fabio Savelli su imbeccata di Nicola Di Turi, 150 euro) in cambio della cancellazione della bocciatura.
Questo semplice fatto, tuttavia, scoperchia il calderone e contraddice il quadro: come sempre in un equilibrio di mercato, se c’è chi offre certi servizi – e in questo caso non è stato neanche necessario servirsene, visto l’attivismo della struttura – c’è d’altra parte chi non si fa scrupolo a utilizzarli.
In altre parole, propongo di ribaltare il problema: il dramma non è TripAdvisor, che come una bacheca pubblica o un muro per strada vive della decenza di chi lo frequenta o lo abita, ma una (spero piccola) porzione di albergatori, catene, gestori, proprietari che non hanno problemi a scendere a patti per giustificare le proprie carenze o a pagare per cancellare anche la minima macchia dai loro profili sul sito. E quindi, se non si attivano direttamente, a cedere alle proposte di queste “società di ottimizzazione”.
Non è un caso che, in una lettera urbi et orbi, Kaufer insista non poco su questo punto. “È vero – dice – intraprenderemo le più rigide azioni possibili contro tali società e contro qualsiasi struttura che, collaborando con queste aziende, tenti di alterare i contenuti disponibili su TripAdvisor”. Aggiungendo di aver già indagato e fatto chiudere negli ultimi tempi una trentina di siti del genere.
Ma poi precisa che il problema va affrontato “in collaborazione con l’intero settore, che sappiamo condivide con noi il desiderio di operare in modo corretto e ad armi pari. Per questo motivo stiamo contattando i proprietari di strutture in tutto il mondo per metterli a conoscenza delle azioni che TripAdvisor intraprende per contrastare queste società di ottimizzazione e questi individui”. In altre parole: ci sono degli strumenti. Segnalateci chi vi propone simili pratiche. Nel pannello dei gestori è per esempio disponibile il tool “Segnalate la pubblicità fraudolenta” ed è stato attivato un indirizzo e-mail (fightfraud@tripadvisor.com, certo se ogni Paese avesse una persona dedicata non sarebbe male).
Tuttavia il quadro appare abbastanza chiaro: fatta eccezione per le situazioni in cui i clienti ricattano il ristorante o l’hotel per ottenere sconti (eventuali seguenti recensioni andranno segnalate o sbugiardate rispondendo direttamente sul sito) in ogni altro caso la struttura in questione deve aver avuto un ruolo, nel meccanismo di falsificazione delle recensioni o rimozione di quelle false. Quanto meno perché ci ha messo i soldi. Quindi di cosa si lamentano esattamente le associazioni di categoria?
Quanto sta accadendo in merito al fenomeno delle società di ottimizzazione ci lascia indignati – ha dichiarato Giorgio Palmucci, presidente dell’Associazione Italiana Confindustria Alberghi – crediamo sia importante che TripAdvisor abbia dato seguito alle segnalazioni degli operatori decidendo di attivare un indirizzo email ad hoc per arginare un fenomeno che penalizza gli operatori corretti”. Ripeto: le società di ottimizzazione agiranno pure di loro iniziativa, ma – proponendosi magari fraudolentemente – hanno comunque bisogno di un via libera dalle strutture contattate, con cui immagino firmino dei contratti. Sono dunque hotel, ristoranti e alberghi a pagare la parcella (per esempio, 90 euro a recensione per pacchetti di 10 recensioni). Basta rifiutare gentilmente, segnalare il tentativo e conquistarseli col proprio lavoro, i giudizi positivi. TripAdvisor è forse uno dei pochi ambiti in cui la quantità fa (spesso) la qualità.
Certo, forse anche per il pachiderma statunitense è però venuto il momento di stringere le maglie dei regolamenti per togliere margine di manovra a chi – da una parte o dall’altra – specula sulla fiducia delle persone.
COMMENTI :
ComputArte

Continuare a pensare che TripAdvisor sia una fonte attendibile , trasparente ed affidabile è....una MARKETTA PUBBLICITARIA piuttosto evidente.
Simone Cosimi ( WIRED ), che ha scritto questo articolo forse non sa ( o non vuole sapere o finge di non sapere ) che il vero problema è che TRIPADVISOR ( controllata da EXPEDIA....come mai una testata così precisa non nota questo CONFLITTO DI INTERESSI nauseabondo!?!?!) ha queste caratteristiche oggettive:
1) consente di scrivere recensioni anche a chi non è mai stato in albergo o al ristorante ( praticamente anche lei in questo esatto momento può aprire TripAdvisor e lasciare una recensione su qualsiasi struttura senza averla mai vista!!! )
2) Non è in grado di distingure le recensioni False, sia esse positive che negative, da quelle genuine
3) Non è in grado di bloccare il fiorente commercio di recensioni fasulle in quanto non c'è alcun riscontro fra veri viaggiatori/clienti e recensioni
4) Nessuno al mondo è in grado di distinguere recensioni false, da recensioni genuine e sono stati stimati in qualche milione gli account fasulli che servono a vendere le recensioni e che hanno prodotto diffamazioni
5) LEGGA BENE:  A LASCIARE RECENSIONI FALSE POSITIVE è STATO L UFFICIO STAMPA DI TRIPADVISOR ( cerchi e legga la denuncia europea fatta dai titolari della struttura alladolcevita roma  )
....allora continuerà a scrivere che il problema sono i potenziali imprenditori disonesti?
Continua a non voler vedere la pubblicità ingannevole e la concorrenza sleale!?
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